LA TUZZA

La Tuzza è un gioco popolare di tradizione antichissima, legato alle festività pasquali, in cui i partecipanti duellano cercando di rompere con il proprio uovo quello dell’altro sfidante. La tradizione si ripete ancora oggi.

FALO’ E FESTA DI SAN GIORGIO

I Falò si accendono in ogni contrada dell’esteso territorio di Scapoli la notte del 22 aprile, vigilia dei festeggiamenti in onore del Patrono San Giorgio Martire.Da tempo immemore, ogni anno, si affastellavano nella piazza antistante la Chiesa di San Giorgio enormi quantità di sarmenti, che i contadini recavano a dorso d’asino ed incendiavano insieme a fascine di rami d’olivo per propiziare i raccolti. Il falò, “faone” nel vernacolo locale, veniva composto intorno ad un palo centrale e dunque incendiato dopo la benedizione del Parroco. Sino agli anni sessanta i fuochi in piazza erano tre: uno più grande al centro e due più piccoli ai lati, mentre negli ultimi anni la tradizione viene rinnovata in ogni contrada.

LA FIERA DI SAN GIORGIO

Unica dell’antichità sopravvissuta ai giorni nostri, un tempo la fiera di San Giorgio rappresentava un vero e proprio evento non solo per Scapoli ma per tutta l’Alta Valle del Volturno. Non durava un solo giorno ma mercanti e compratori – in vendita soprattutto animali domestici ma anche mercanzia di ogni genere, oro persino –  erano impegnati per ben 8 giorni prima della data del 23 aprile, giorno dei grandi festeggiamenti in onore di San Giorgio. Oggi le 8 giornate sono state ridotte alla sola mattinata del 23 per spegnersi alle prime ore del pomeriggio.

IL CARNEVALE SCAPOLESE

A Scapoli è presente nella memoria degli anziani sia la maschera del Cervo (uomo vestito con pelli maleodoranti di capra) che quella di Pulcinella, celeberrima maschera partenopea. L’uomo-Cervo non recava scompiglio nella comunità – così come tuttora av-viene nella pantomima de “Gl’Cierv” del vicino Castelnuovo al Volturno – ma offriva i propri servigi alle donne, aiutandole a portare a casa le tine ricolme di acqua, o ai bambini, riportandoli a casa da scuola sulle spalle in cambio di qualche soldo o di cose da mangiare. La maschera di Pulcinella viene invece ricordata nel piazzale della chiesa, all’uscita dei fedeli, mentre muove loro scherzi di ogni genere. Vivi sono infatti i ri-cordi legati soprattutto all’aspetto ilare e ridanciano del giorno di Carnevale: il divertimento maggiore era dato dall’andare nei campi  per rubarvi “cappucce”, metterle nei sacchi e portarle a casa oppure nel mangiare maccheroni ben conditi … in vasi da notte nuovi per buttare poi padelle e vasi (caccavelle) “sotto le terre”, ovvero in qualche dirupo del paese. Nello stesso dirupo finiva an-che il fantoccio di paglia, rappresentante il Carnevale, che veniva sottoposto a processo, sparato e scaraventato giù mentre il popolo piangeva: “Tata mia è muorte!”.

LA FESTA DI SANT’ANTONIO

Festeggiato il 13 giugno nella Chiesa di Sant’Antonio, nelle adiacenze di Palazzo Battiloro – chiesa oggi non più esistente – un tempo vi si teneva un’asta (grano, olio, formaggio), con il cui ricavato si allestiva la festa in onore del Santo.